Quando, dopo tanti anni, si arriva finalmente a un certo livello, la mente si inerpica per misteriosi, oscuri ed eccitanti sentieri. Non segue più soltanto le traiettorie lineari del razionale e del prevedibile, ma si avventura nelle zone profonde dove il significato si intreccia con la prova, dove l’identità si misura non più con ciò che si possiede, ma con ciò che si riesce a trasformare.
Fisicità intelligente e antifragilità: Jasmine Paolini e la scienza di prosperare nel caos

Roma, maggio 2025. Jasmine Paolini solleva il trofeo degli Internazionali d’Italia, diventando la prima tennista italiana dal 1985 a raggiungere questo traguardo. Oltre il significato sportivo, questa vittoria offre un’opportunità di analisi psicologica: è un caso esemplare di antifragilità, un concetto teorizzato da Nassim Nicholas Taleb, applicato alla performance sportiva. Antifragile non è chi resiste al caos, ma chi lo utilizza per migliorare.
In ambito sportivo, il caos è costituito da condizioni sfavorevoli, variabili ambientali, e fattori interni potenzialmente destabilizzanti. Nel caso di Paolini, il primo elemento di caos è la sua struttura fisica. In un circuito tennistico dominato da atlete con elevata massa muscolare e capacità di generare potenza esplosiva, la sua fisicità non conforme rappresenta un disallineamento rispetto ai modelli biomeccanici standard. Tuttavia, ciò ha innescato in lei un processo di adattamento e specializzazione. Ha affinato la rapidità, la reattività neuromuscolare, la capacità di lettura del gioco e di anticipazione spazio-temporale, configurando un modello di “fisicità intelligente”. Questo tipo di risposta corrisponde a una forma di coping adattivo, ossia l’impiego di strategie cognitive per fronteggiare attivamente uno svantaggio percepito.
Il secondo asse del caos è la sfera emotiva. L’alta motivazione, se non regolata, può generare iperattivazione, ansia da prestazione, e rigidità comportamentale. Jasmine Paolini dimostra invece una buona capacità di autoregolazione, che le consente di mantenere uno stato attentivo flessibile e una gestione emotiva funzionale. Questo riflette una buona padronanza delle componenti del modello di Self-Determination Theory (Deci & Ryan), dove la motivazione è supportata da autonomia, competenza e relazione. Il comportamento orientato al processo, più che al risultato, sembra radicato in valori interni piuttosto che in aspettative esterne.
Un altro elemento di caos è rappresentato dal mismatch culturale. Paolini non incarna il modello dominante dell’atleta vincente: non è precoce, non ha costruito un’immagine pubblica dominante, né ha goduto del sostegno narrativo dei media nella fase iniziale della carriera. Questo scenario aumenta il carico cognitivo, poiché impone una doppia sfida: affermarsi tecnicamente e legittimarsi culturalmente. Tuttavia, la sua traiettoria evolutiva dimostra una notevole resilienza identitaria. Lontana dall’imitazione dei modelli esistenti, ha consolidato un proprio stile prestativo, confermando le teorie sulla coerenza tra identità e performance (Galli & Vealey, 2008).
Il quarto aspetto riguarda la dimensione temporale. Il successo ritardato, rispetto ai picchi precoci attesi nella performance giovanile, è una condizione spesso associata a frustrazione e drop-out. Paolini ha invece capitalizzato il tempo lungo della costruzione, mostrando un orientamento alla mastery goal orientation: apprendimento, progressione e autorealizzazione più che successo immediato. Tale impostazione si allinea alle evidenze sulla mentalità di crescita (Dweck, 2006), e suggerisce un’architettura mentale orientata alla trasformazione graduale e consapevole.
In sintesi, Jasmine Paolini è un esempio pratico di come un’atleta possa sviluppare risorse psicologiche ad alta efficacia in contesti di complessità. Ha trasformato svantaggi potenziali in catalizzatori di sviluppo, attivando un sistema mentale flessibile, strategico e integrato. Questo tipo di funzionamento è altamente rilevante per la psicologia dello sport applicata: offre ai coach un modello alternativo ai paradigmi dominanti, e agli atleti una testimonianza concreta della validità di un approccio centrato sulla costruzione interiore. Come scrive Nassim Nicholas Taleb nel suo saggio ‘Antifragile’, “Alcune cose traggono beneficio dagli urti; prosperano e crescono quando sono esposte alla volatilità, al caso, al disordine e allo stress, e amano l’avventura, il rischio e l’incertezza. Eppure, nonostante l’ubiquità del fenomeno, non c’è una parola che lo identifichi. Chiamiamolo antifragilità. L’antifragile va oltre il resiliente o il robusto. Il resiliente resiste agli urti e rimane lo stesso; l’antifragile migliora”. Paolini, sotto questo aspetto, è esattamente una figura antifragile: ogni ostacolo l’ha portata a un livello superiore di consolidamento identitario e prestativo.
Per chi, come me, lavora da anni nello sviluppo delle competenze mentali in ambito sportivo, il caso Paolini conferma quanto la mente, arrivata a un certo punto del percorso, non si limiti più a sostenere la prestazione ma diventi essa stessa il luogo in cui la prestazione si genera. La consapevolezza raggiunta, l’integrazione dei limiti e la capacità di far convivere tensione e fiducia sono segnali di una maturazione profonda, costruita nel tempo lungo dell’esperienza. La prestazione eccellente non nasce dall’eliminazione del caos, ma dalla capacità di integrarlo in un progetto identitario coerente e sostenibile. La sua vittoria non è il frutto di un’assenza di ostacoli, ma della progressiva capacità di abitarli con lucidità, metodo e intenzione. È la manifestazione visibile di un processo cognitivo profondo, non lineare, e altamente efficace.