Gary Hemming

Nel mio inquieto peregrinare tra storie e notizie mi sono imbattuto in un articolo su questo straordinario personaggio la cui vita si concluse tragicamente con un suicidio. Sia lui che la sua fine mi hanno stimolato a cercare di saperne di più e poi dare una mia lettura professionale che faccia capire come spesso il genio e la follia si accarezzino vicendevolmente. Spesso una grande fragilità può’ essere alla base di grandi imprese,

La mente di un alpinista tra genio, libertà e sofferenza

dal web

L’alpinismo estremo rappresenta una forma di esplorazione non solo fisica, ma anche psicologica: un delicato equilibrio tra il controllo del corpo e la gestione della paura, tra l’aspirazione alla grandezza e il rischio di autodistruzione. Pochi personaggi hanno incarnato questa dialettica meglio di Gary Hemming, figura complessa e tormentata, capace di spingersi oltre i limiti della performance umana, ma incapace di gestire il proprio mondo interiore.
Se da un lato Hemming esprimeva una straordinaria capacità di adattamento in ambienti ostili, dall’altro la sua traiettoria esistenziale suggerisce una vulnerabilità psicologica profonda, forse riconducibile a un disturbo dell’umore non diagnosticato o curato. La sua storia è un caso emblematico di come il talento e l’instabilità possano coesistere nella mente di individui ad altissima prestazione.

L’outsider dell’alpinismo: tratti di personalità e dinamiche comportamentali

Gary Hemming, nato negli Stati Uniti nel 1934, si avvicinò all’alpinismo con un approccio atipico, guidato più da un bisogno interiore che da una volontà competitiva. Il suo profilo psicologico lascia emergere caratteristiche distintive:

  • Elevata sensibilità e ricerca estetica – Hemming non era solo un alpinista, ma un uomo attratto dalla bellezza del gesto tecnico e dalla libertà assoluta. Questa caratteristica è spesso riscontrabile nei performer d’élite, dove la motivazione intrinseca è il principale motore dell’azione.
  • Anticonformismo e ribellione ai codici sociali – La sua difficoltà ad aderire alle strutture gerarchiche dell’alpinismo tradizionale potrebbe essere interpretata come un segno di tratti di personalità schizoide o narcisistica, dove il bisogno di autonomia è superiore a quello di appartenenza.
  • Oscillazioni tra iperattività e isolamento – Alternava momenti di intensa socialità e coinvolgimento con l’ambiente alpinistico a periodi di ritiro totale. Questa dicotomia suggerisce una possibile ciclicità dell’umore, compatibile con una condizione bipolare.

La sua traiettoria esistenziale riflette il profilo tipico di individui con un’elevata spinta all’auto-realizzazione, ma anche con una fragilità emotiva latente, spesso amplificata dall’esposizione a condizioni estreme.

Il salvataggio del Dru (1966): un caso di iper-focalizzazione adattiva

Da un’articolo del Manifesto.

L’episodio che rese Hemming celebre fu il salvataggio di due alpinisti tedeschi bloccati sulla parete sud del Petit Dru nel 1966. La situazione era critica e le autorità francesi ritenevano troppo rischioso tentare un soccorso. Hemming, invece, prese l’iniziativa e riuscì nell’impresa, dimostrando una straordinaria capacità di gestione dello stress acuto.

Dal punto di vista psicologico, questo comportamento può essere analizzato attraverso il concetto di iper-focalizzazione adattiva, ovvero la capacità di attivare risorse cognitive e decisionali superiori in situazioni estreme. È una caratteristica tipica di individui con elevata tolleranza alla pressione e un sistema dopaminergico altamente responsivo alla sfida.

Tuttavia, il riconoscimento pubblico successivo ebbe un impatto destabilizzante: la sua identità, costruita su un equilibrio precario tra libertà e isolamento, venne improvvisamente esposta alla narrazione mediatica, un fattore che può aver contribuito ad amplificare il suo disagio interiore.

L’instabilità emotiva: ipotesi diagnostica e dinamiche psichiche

Hemming manifestava una sintomatologia compatibile con un disturbo dell’umore, probabilmente di natura bipolare, caratterizzato da:

  1. Episodi di iper-attivazione e carisma magnetico – Nei momenti di “alta”, mostrava capacità decisionali rapide, audacia e un fascino travolgente. Questo è tipico delle fasi ipomaniacali, in cui il soggetto sperimenta un senso di invincibilità e creatività fuori dal comune.
  2. Periodi di ritiro e depressione profonda – Dopo i picchi di attività, seguivano fasi di isolamento e apatia, elementi caratteristici delle fasi depressive del disturbo bipolare.
  3. Tendenza all’autodistruzione – L’abuso di alcol e il comportamento impulsivo suggeriscono una vulnerabilità alla disregolazione emotiva, un aspetto che in individui con alto funzionamento cognitivo può sfociare in condotte a rischio.
  4. Difficoltà relazionali – Nonostante il suo fascino, sembrava incapace di costruire legami stabili e duraturi, un elemento spesso presente nei profili con tratti di personalità borderline o narcisistica vulnerabile.

Se fosse vissuto in un contesto con maggiore sensibilità alla salute mentale, Hemming avrebbe potuto beneficiare di un supporto psicologico mirato, attraverso strategie di regolazione emotiva e interventi farmacologici stabilizzanti. Tuttavia, negli anni ‘60 la percezione del disagio psichico, soprattutto in ambienti ad altissima prestazione come l’alpinismo, era ancora profondamente stigmatizzata.

Il suicidio: tra burnout esistenziale e perdita della funzione regolatrice dell’alpinismo

Il 2 agosto 1969, Hemming si tolse la vita con un colpo di pistola. Aveva solo 35 anni.

Dal punto di vista psicologico, il suo suicidio può essere interpretato come il risultato di un esaurimento progressivo delle risorse adattive. L’alpinismo, che per anni aveva rappresentato una funzione regolatrice delle sue oscillazioni emotive, potrebbe aver perso la sua efficacia, lasciandolo senza strategie di coping adeguate.

Il ritiro dalle grandi scalate e la perdita del senso di scopo sono elementi ricorrenti nei soggetti ad alte prestazioni che attraversano una crisi identitaria. Il fenomeno del burnout esistenziale – una forma estrema di esaurimento psicologico in individui con profili ad alto rendimento – potrebbe aver giocato un ruolo cruciale nella sua decisione finale.

Il prezzo della grandezza mentale ed emotiva

Gary Hemming rappresenta un caso emblematico di come il talento straordinario e la sofferenza psichica possano coesistere in individui ad altissima prestazione. La sua storia evidenzia la necessità di una maggiore attenzione alla salute mentale in contesti estremi, dove la resilienza viene spesso mitizzata a scapito del benessere psicologico.

Molti individui di talento lottano contro fragilità profonde, e l’alpinismo – con la sua continua esposizione al rischio e all’isolamento – sembra attrarre spiriti inquieti, per i quali la montagna diventa al tempo stesso una salvezza e una condanna.

Forse, la vera scalata di Hemming non è mai stata sulle pareti delle Alpi, ma dentro sé stesso. E come spesso accade nei percorsi di vita più complessi, la vetta è rimasta irraggiungibile.

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