Quando si parla di percorso professionale, spesso si immagina una strada lineare, chiara, già definita. Ma per me non è stato così. Iniziai a scrivere un libro senza una trama vera che si è realizzata andando avanti. Il mio viaggio non è stato solo professionale: è stato un’evoluzione personale, una continua ricerca per comprendere, per esplorare e, soprattutto, per trovare risposte alle domande che mi spingevano oltre i confini tradizionali della mia formazione.
Ho deciso di scrivere questo piccolo articolo per condividere la mia storia, perché so che molti e soprattutto giovani , si interrogano sul loro futuro e perchè non accetto di essere assimilato a una visione distorta del successo e a figure pseudo professionali che lo garantiscono senza definirlo e con troppa facilità. Una spinta interiore, un senso di curiosità o persino un’inquietudine mi portano a cercare un significato più profondo. Questa spinta mi ha portato dalla medicina classica alla mente, dal corpo alla cognizione, e infine al mondo della psicologia della performance umana in generale e nello sport in particolare ma anche nella musica , nell’ arte in genere. Intendiamoci non c’è nessuno interesse diretto per l’ arte ma lo ho per gli artisti ma anche per gli atleti che infine come tanti altri sono artisti.Noi dobbiamo essere “artisti”.
Il Punto di Partenza: La Medicina come Porta d’Ingresso
Quando scelsi di laurearmi in medicina, lo feci perché…… potrei dire ….perchè affascinato dalla complessità dell’essere umano, perchè volevo aiutare gli altri o…. In realtà non lo so e non mi interessa saperlo. So che in genere tendo a fare bene le cose che scelgo di fare ma non saprei davvero perchè scelsi medicina, direi casuale o con criteri che poco avevano a che vedere con la materia. Pensavo che comprendere il corpo fosse il primo passo per comprendere la vita, potrei dire ma in realtà non pensavo niente, l’ho fatta a caso. Mentre proseguivo negli studi e muovevo i primi passi nella pratica medica, qualcosa non mi tornava e cominciati a rendermi conto che in realtà il mio interesse non si soffermava sul funzionamento del corpo in sé, ma su ciò che lo guidava, lo animava: la mente, la mente delle persone. Intendiamoci non ero nuovo a questo. Dai piccolo mio nonno mi regalò uno dei primi registratori a bobina e io registravo le conversazioni familiari segretamente per poi riascoltarle e comunque ascoltare le persone adulte e le loro storie e interazioni, mi piaceva moltissimo. Soprattutto ascoltare i racconti dei vecchi. Fu allora che realizzai forse un pò confusamente che non volevo fermarmi ai “toraci” ma volevo andare “oltre i toraci”. Oltre il torace fu il mio grido di battaglia. 🙂
La mia passione era altrove. Guardavo i miei pazienti e mi rendevo conto che le loro storie, i loro pensieri, il loro modo di percepire e reagire alla vita erano più affascinanti delle condizioni fisiche che li affliggevano. Questa consapevolezza e il fatto che ….avessi la raccomandazione giusta ……mi spinse a cambiare direzione. Fu una decisione priva di dubbi, ma che segnò una svolta fondamentale nella mia carriera: scelsi (forse….!) di dedicarmi interamente alla mente e cosi’ dopo essermi Laureato mi iscrissi ad una specializzazione .
La Transizione: Dalla Psicologia Clinica alla Neurologia
Il primo passo , quindi, in questo nuovo cammino fu iscrivermi alla Specializzazione in Psicologia Clinica, una disciplina che definirei come una forma di psichiatria umanistica. Qui iniziai a esplorare il funzionamento della mente umana, ma non mi bastava. Sentivo il bisogno di approfondire ancora di più, di comprendere la “macchina cerebrale” in ogni suo aspetto.
Così mi specializzai anche in Neurologia. The Specialized! Questo secondo percorso mi permise di costruire una comprensione più ampia e integrata, combinando gli aspetti biologici, neurologici e psicologici della mente. Era come mettere insieme i pezzi di un puzzle, dove la biologia del cervello si intrecciava con le emozioni, i pensieri e i comportamenti. Almeno mi sembra che sia andata così.
Questa doppia specializzazione mi ha dato comunque uno strumento unico: la capacità di osservare la mente sia dal punto di vista scientifico che umanistico. Ero pronto per mettere tutto in pratica.
La Sofferenza Psicologica: Una Finestra sulla Complessità Umana
Aprii il mio primo studio professionale “a caso” mentre stavo progettando di andare con una barca a vela e amici del tempo in Brasile e iniziai dopo poco tempo a lavorare anche come docente universitario vincendo un concorso. Fu una vittoria sofferta ….ero l’ unico partecipante. La professione clinica fu un’esperienza che mi permise di entrare in contatto con centinaia di pazienti. Ogni persona che incontravo era una storia unica, ma c’erano dei fili conduttori che collegavano molti di loro.
Lavoravo con persone che soffrivano di depressione, fobie, disturbi alimentari e ossessioni. Osservavo come la sofferenza psicologica si radicasse in persone con schemi di pensiero rigidi, caratterizzati da aspetti comuni, che le rendevano incapaci di adattarsi ai cambiamenti o agli eventi della vita. Questo mi colpì profondamente: le persone non si ammalano per gli eventi che accadono loro, ma per il modo in cui interpretano questi eventi. Un pensiero molto Stoico , il mio.
Molti di loro erano bloccati in narrazioni mentali che li portavano a vedere la vita in un modo distorto. Mi affascinava capire come certe interpretazioni potessero portare a un tale livello di sofferenza. Mi chiedevo: come fanno le persone a pensare solo in quel modo? Perché non riescono a vedere altre prospettive?
Questo lavoro mi portò a riflettere su quanto la nostra capacità di adattamento sia determinata dalla flessibilità della nostra mente. Quando il pensiero è troppo rigido, si creano barriere che ci impediscono di trovare soluzioni. E queste barriere, con il tempo e l’evento giusto, possono trasformarsi in patologia.
Il Lavoro con i Pazienti Oncologici: Una Lezione di Disciplina Mentale
Una delle esperienze più trasformative del mio percorso fu il lavoro con pazienti oncologici. Incontrai persone che affrontavano sfide estreme, ma ciò che mi colpì non fu tanto la gravità della loro malattia, quanto i diversi modi in cui reagivano.
Alcuni vivevano con grande sofferenza, sopraffatti dalla paura e dall’ansia. Altri, invece, dimostravano una forza straordinaria: erano capaci di mantenere ordine nei loro pensieri, di pianificare e perseguire i loro obiettivi con una disciplina sorprendente, anche nelle fasi più avanzate della malattia.
Mi resi conto che questi pazienti avevano sviluppato una sorta di “mentalità da atleta”. Non permettevano alla mente di migrare continuamente verso pensieri negativi. Erano concentrati sul presente, sulla gestione della propria condizione e sulla qualità della loro vita. Questo non solo migliorava il loro umore, ma spesso anche la loro capacità di affrontare le sfide quotidiane.
Osservando questi “atleti della vita”, iniziai a riflettere su come la disciplina mentale possa influire sulle prestazioni in ogni ambito, non solo nella malattia, ma anche nello sport e nella vita quotidiana.
La Connessione con lo Sport: La Nascita di “The Mental Coach”
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Nel frattempo, coltivavo una grande passione per lo sport. Per me, lo sport è sempre stato più di una semplice attività fisica: è una sfida, un modo per mettere alla prova sé stessi e trovare la propria versione migliore. Ho praticato di tutto e ancora continuo,…. e cerco.
Fu così che, più di 15 anni fa, decisi di unire il mio interesse per la mente con la mia passione per lo sport. Creai per puro diletto un sito web chiamato “TheMentalCoach”, un progetto per sensibilizzare atleti e individui a migliorare la propria performance attraverso la gestione mentale. Mi costò 500 euro.
All’epoca, la figura del mental coach era quasi sconosciuta, ma col tempo è diventata molto popolare. Ma popolarità e capacità soprattutto oggi non vanno sempre d’accordo. Oggi vedo, con dispiacere per me, che molti si improvvisano in questo ruolo senza una formazione adeguata per non dire nessuna . Per questo, tengo a sottolineare la differenza tra il mio approccio – basato su anni di studio, esperienza e ricerca – e quello di chi si limita a usare tecniche superficiali con le quali garantiscono il successo.
Voglio anche chiarire una cosa importante: i miei libri non vogliono essere uno dei tanti manuali per vincere. Non mi interessa proporre una serie di tecniche per “arrivare primo”. La mia ambizione è diversa. Voglio, partendo dal mondo dello sport, insegnare a tutti che migliorarsi è possibile, purché ci sia la giusta intenzione e determinazione. Lo sport, in questo senso, è una straordinaria platea di osservazione. Ci permette di vedere come, affrontando sfide concrete, si possano sviluppare capacità che sono utili in ogni ambito della vita.
S…….fortunatamente TheMentalCoach è il nome del mio sito e quel brand mi rappresenta ….non posso tradirlo dopo che mi ha accompagnato tutti questi anni.
La Filosofia della Performance: Adattabilità e Narrazione
Il cuore del mio lavoro è stimolare le persone a sviluppare una narrazione interna flessibile, capace di adattarsi alle sfide e di favorire la crescita personale. Credo che la vera performance, sia nello sport che nella vita, derivi dalla capacità di:
- Gestire la pressione: mantenere la calma e la concentrazione anche nei momenti difficili.
- Coltivare l’autoconsapevolezza: comprendere i propri pensieri e le proprie emozioni.
- Adattarsi ai cambiamenti: abbandonare schemi rigidi per trovare nuove soluzioni.
Questa filosofia non si applica solo agli atleti, ma a chiunque voglia migliorare la propria vita. È lo stesso principio che osservavo nei pazienti oncologici: la capacità di rimanere focalizzati sul presente, di progettare e perseguire i propri obiettivi, è ciò che fa la differenza.
W.W. sono le iniziali di un mio paziente oncologico con una forma gravissima inoperabile e molto avanzata. Aveva una storia di vita molto particolare e travagliata. Era uno svizzero che aveva girato il mondo non sempre in buone condizioni facendo quindi i lavori piu’ disparati. A quel tempo era muratore. L’ uomo esile e acuto mi affascinava e il sapere che di li a poco sarebbe passato ad altra dimensione mi metteva molto in difficoltà. Un giorno durante un nostro incontro, accortosi che ero a disagio, mi disse : non si preoccupi per me, so che moriro’ presto ma le dico che questa malattia è stata una opportunità perchè mi ha permesso di……
questo momento a distanza di forse 20 anni è rimasto scolpito nella mia mente come sulla pietra….
Il Viaggio Continua
Il mio viaggio nella psicologia della performance non si è fermato. Continuo a esplorare, a imparare e a condividere ciò che scopro, perché credo fermamente che la mente sia la chiave per superare ogni sfida e raggiungere il nostro massimo potenziale. La strada verso la tua versione migliore inizia dalla tua mente.