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Mentre scriveva i Discorsi, Jean-Jacques Rousseau era solito camminare da solo nel Bois de Boulogne dopo pranzo “meditando soggetti di opere” e, molto spesso, si immergeva nei suoi pensieri al punto da dimenticare di dover rincasare per la notte. Nelle Confessioni lo stesso Rousseau
scriveva: “Non ho mai tanto pensato, tanto vissuto [..] quanto in quei viaggi che ho compiuto da solo e a piedi. La marcia ha qualcosa che anima e ravviva i miei pensieri: non riesco quasi a pensare quando resto fermo; bisogna che il mio corpo sia in moto perché vi trovi lo spirito”.
Camminare può sembrare un’attività semplice ma in realtà non ne sottovalutiamo l’impatto che può avere sulla nostra vita: il filosofo francese lo aveva intuito e molti studi scientifici lo hanno confermato. Secondo il neuroscienziato Shane O’Mara quando camminiamo, oltre a coinvolgere cuore e polmoni nell’attività aerobica, spingiamo il nostro cervello a mettere in atto una serie di operazioni molto complesse, necessarie per generare una “mappa cognitiva”. Questa ginnastica mentale ha un forte impatto anche su come ci sentiamo, contribuendo a renderci più felici.
Il professor O’Mara ce la mette tutta per diventare il miglior testimonial della veridicità dei suoi studi, camminando molto ogni giorno, in ogni situazione. Nonostante la distanza dal suo posto di lavoro al Trinity College costringa lo scienziato a usare la caratteristica DART, un mezzo di trasporto pubblico presente a Dublino che è un mix tra un treno e una metro sopraelevata, questo non impedisce allo stesso O’Mara di scendere un paio di fermate prima per poter arrivare al lavoro a piedi. Anche una volta arrivato nel campus, è solito spostarsi in questo modo e, alla sera, ha l’abitudine di passeggiare portando con sé un registratore per poter fissare in qualche modo le idee che gli vengono in mente durante il cammino.
A volte dagli spunti registrati possono nascere interi libri come In Praise of Walking: The New Science of How We Walk and Why It’s Good for us, un lavoro che raccoglie tutte le idee del professor Shane O’Mara in merito alla bontà del moto. Il principale interesse di un neuroscienziato è ovviamente capire come il camminare possa influenzare positivamente il cervello, diminuendo stress, depressione e ansia; e favorendo al contempo apprendimento, memoria e cognizione. I sistemi cerebrali che supportano queste ultime tre funzioni sono infatti gli stessi che vengono spesso gravemente colpiti e indeboliti da stress e forme di depressione di vario tipo. Non solo, questi sistemi cerebrali generano anche quella che O’Mara chiama la nostra “mappa cognitiva” e che, per semplicità, potremmo definire il nostro GPS interno.
O’Mara suggerisce di pensare all’attività del camminare come a un rimedio in grado di riparare il nostro cervello. Camminare abbassa la pressione sanguigna, aiuta il passaggio del cibo attraverso il nostro intestino, riduce l’infiammazione e ci consente di essere creativi e migliori nella risoluzione dei problemi. “Grazie a diversi studi, sappiamo ormai con certezza che le persone che camminano molto sono meno inclini a disturbi depressivi: camminare può migliorare la propria memoria e le persone anziane che camminano di più sono meno sole”, scrive O’Mara. Non è un caso che nel libro venga citato come esempio delle potenzialità antidepressive del cammino uno dei pensatori moderni che più si è interrogato sulla felicità, Bertrand Russell. Russell considerava infatti il camminare come una parte integrante della sua attività e, al pari di Rousseau secoli prima, ne evidenziava i benefici.
In un’intervista al Guardian, il professor O’Mara ha citato a supporto della sua idea, anche uno studio del 2018 che ha monitorato i livelli di attività dei partecipanti e i loro effetti sui tratti della personalità per oltre 20 anni. La ricerca evidenzia che coloro che si sono spostati di meno hanno mostrato cambiamenti di personalità non positivi, non mostrando miglioramenti su tratti caratteriali quali apertura, estroversione e piacevolezza. O’Mara faceva inoltre notare come “convincere le persone a impegnarsi in attività fisiche prima di impegnarsi in un atto creativo ha un effetto benefico molto potente”.
Nel 2014, nel suo libro Camminando, il giornalista e saggista Davide Sapienza già evidenziava un aspetto che anche Shane O’Mara ricorda in In Praise of Walking: l’uomo si muove da sempre e quasi mai lo fa da solo. Gli esseri umani sono essenzialmente social walkers, “camminatori sociali”: il cervello umano è strutturato per essere sempre “al passo” di chi cammina con noi. Inconsciamente, ricorda O’Mara, facciamo sempre degli sforzi per sincronizzare la nostra camminata con quella degli altri e questo spiega anche la normale irritazione che ci assale quando non riusciamo nell’intento.
La verità è che quando si cammina non ci si accorge di molte piccole scelte che si compiono inconsciamente, almeno fin quando non ci si imbatte in un inghippo che ce le fa notare. Si dà molto spesso per scontata, per esempio, anche la “mappa cognitiva” e quindi il proprio GPS interno. In un altro libro, Una Passeggiata nei boschi, l’autore Bill Bryson si accorge proprio di questo: “Mi resi conto che gran parte della mia indifferenza nei confronti dell’ambiente che mi circondava risiedeva semplicemente nel fatto che non avevo idea di dove mi trovassi.” Fortunatamente anche il “navigatore interno” di ognuno migliora più viene messo alla prova ed è il motivo per cui i camminatori seriali sono spesso anche molto bravi nell’orientarsi.
Come scrive Shane O’Mara “camminare è olistico: ogni suo singolo aspetto ne migliora un altro del proprio essere: camminare fa bene al corpo, fa bene al cervello e fa bene alla società in generale”. Camminare ci permette di essere contemporaneamente nel nostro corpo e nel mondo senza sentirci a disagio. Ci aiuta a pensare senza estraniarci e senza dare troppo peso ai pensieri negativi. Forse è per questo che l’uomo cammina da sempre e difficilmente smetterà di farlo in un prossimo futuro.
tratto da
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