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MOTOR IMAGERY

LE DIMENSIONI DELL’ABILITÀ IMMAGINATIVA

L’ acquisizione della capacità immaginativa richiede un allenamento sistematico, che deve basarsi sulle caratteristiche fondanti della Imagery, che Conway e Pleydell-Pearce riassumono in: – vividezza delle immagini (chiarezza, forma e ricchezza sensoriale con cui l’immagine motoria viene costruita) – controllo delle immagini (facilità e accuratezza con cui l’immagine può essere trasformata e manipolata a livello mentale) – immagine negativa (associata alla psicopatologia e ad immagini intrusive) – immagine positiva (usata per simulare ed esercitare modalità più adattive di agire) – immagine creata volontariamente – immagine recuperata involontariamente (tipicamente un ricordo che emerge spontaneamente) – first-person perspective (1PP) (il soggetto immagina di eseguire l’azione osservando tramite i propri occhi e usando tutti i propri sensi, come se avesse una videocamera posizionata sulla propria testa) – third-person perspective (3PP) (il soggetto immagina di osservare l’azione dall’esterno, come se una videocamera riprendesse un film di cui è protagonista). In pratica non si tratta semplicemente di sviluppare la capacità di “vedere”, ma di “sentire” tutta la ricchezza sensoriale dello stimolo e i suoi correlati cognitivi ed emotivi, evitando l’insorgere di immagini involontarie e negative in grado di rendere l’esperienza di imagery iatrogena. Un valido esempio in tale senso è rappresentato dal DPTS, dove l’imagery è negativa, involontaria ed estremamente vivida e angosciante, arrivando anche ad assumere la forma di un vero e proprio flashback dissociativo, in cui il soggetto perde il contatto con la realtà attuale e rivive quanto accaduto nell’evento traumatico . È quindi evidente che un utilizzo errato della motor imagery può avere esiti negativi.

UTILIZZO DELLA MOTOR IMAGERY

Jones e Stuth evidenziano che la motor imagery è tipicamente utilizzata da:

PAZIENTI per recuperare abilità motorie perse o compromesse da disturbi neurologici. Page e collaboratori hanno dimostrato che pazienti colpiti da ictus cerebrale trattati con un programma che includeva una pratica motoria sia fisica che mentale, dimostravano una riduzione significativamente maggiore della menomazione dell’arto, rispetto a pazienti che eseguivano esclusivamente una pratica fisica ed esercizi di rilassamento.

ATLETI E ARTISTI, per migliorare la propria prestazione, regolare il proprio stato di attivazione, identificare e/o modificare pensieri e immagini maladattive (noia, scarsa autostima, bassa motivazione, limitata concentrazione), riabilitazione dagli infortuni. Attualmente la prevalenza di utilizzo della motor imagery riguarda l’ambito della Psicologia Positiva e della Psicologia dello Sport.

MOTOR IMAGERY E SPORT

Nello Sport la motor imagery costituisce una componente fondamentale della preparazione mentale degli atleti ed il suo uso è ampiamente diffuso tra gli atleti professionisti come tecnica complementare all’allenamento sul campo. Jones e Stuth stimano infatti che tra il 70% e il 99% degli atleti di elite utilizzi la motor imagery nei propri allenamenti in sport quali: tennis, tiro con l’arco, golf, ginnastica, sci, motociclismo, calcio e basket. Si tratta di sport molto diversi tra loro, che indicano l’adattabilità della motor imagery alle due capacità fondamentali che uno sportivo deve possedere:
– “closed motor skills” (es. il servizio nel tennis, il tiro a canestro nel basket, il tiro con l’arco), dove l’attività è indipendente dal contesto ambientale

–  “open motor skills” (es. la volèe nel tennis, il calcio di rigore nel calcio), dove il movimento è legato a stimoli ambientali (es. movimento della pallina, linguaggio del corpo dell’avversario).

I motivi di tale successo vanno ricercati nella forte connessione mente-corpo che caratterizza ogni sport e che rende l’uso della motor imagery una pratica spontanea per gli atleti. Infatti:

1. Ogni azione sportiva è un’attività polisensoriale

2. L’atleta è allenato a percepire ogni sensazione che proviene dal corpo (tramite la motor imagery attiva processi che sperimenta quotidianamente, ad esempio, nel tennista l’immagine mentale del tenere una pallina in mano, avvia immediatamente il repertorio di sensazioni associate a questa situazione)

3. Le sensazioni corporee guidano l’atleta in un costante processo di autoregolazione al fine di dominare la fatica, gestire gli errori, distribuire le sue energie

4. L’atleta riconosce molto bene le emozioni, vissute spesso in maniera estrema durante le competizioni. Mal di stomaco, cuore in gola sono esperienze facilmente rievocabili dagli atleti. Di conseguenza, anche a distanza di tempo (come nel DPTS), la rievocazione mentale di queste condizioni psicologiche comporterà l’attivazione di tutte le sensazioni collegate.

SPORT, MOTOR IMAGERY E MODELLO PETTLEP

Il protocollo di motor imagery più utilizzato in ambito sportivo è il modello PETTLEP di Holmes e Collins . Esso si basa sul concetto di “equivalenza funzionale” e definisce gli aspetti fondamentali per l’efficacia della sua applicazione:

1. Physical (l’imagery deve essere di tipo fisico). Sottolinea inoltre che far precedere una motor imagery da una fase di rilassamento potrebbe avere ripercussioni negative sulla prestazione reale.

2. Environment (il contesto immaginato deve essere simile a quello reale) sottolinea la necessità di stimolare, con script opportuni o filmati, la percezione dell’atleta di trovarsi in contesti familiari (di allenamento o competizione) tali da permettergli di vivere l’esecuzione della prestazione come se realmente stesse accadendo    

3. Task (il compito immaginato deve essere adattato alle abilità del soggetto) definisce la necessità di una «coerenza fisiologica» fra l’attività immaginativa e competenza reale dell’atleta

4. Timing (I tempi di esecuzione devono essere simili a quelli reali) 

5. Learning (il compito deve mirare all’incremento delle capacità del soggetto) sottolinea la necessità di mantenere un’equivalenza funzionale fra l’effettivo apprendimento fisico/tecnico/tattico dell’atleta e il suo processo di imagery

6. Emotion (l’esperienza di imagery deve elicitare le stesse emozioni emergenti nella realtà) evidenzia la rilevanza della componente emozionale dell’imagery, in grado di migliorare le risposte emozionali che l’atleta vive in setting competitivi;

7. Perspective (il punto di vista 1PP è quello più adatto per la maggior parte di sport).

IO, L’AZIONE E LA MOTOR IMAGERY

Il successo della motor imagery sulla prestazione sportiva reale dipende dal singolo atleta; per questo motivo è fondamentale sviluppare script personalizzati che contengano informazioni soggettivamente significative per quell’atleta. Ronaldinho, vincitore del Pallone d’oro 2006, dichiara:

Il mio allenamento prevede anche la creazione di un’immagine mentale di come passare al meglio la palla a un mio compagno. Lo faccio sempre, prima di ogni partita, ogni giorno e ogni notte, immaginare un modo di giocare a cui nessun altro ha pensato, tenendo sempre a mente i miei punti di forza e quelli dei miei compagni.

Quello che segue è un esempio di script motor imagery (basato sul modello PETTLEP) utilizzato da un atleta professionista dei 100 metri piani durante i giorni precedenti la gara e nella fase di riscaldamento :

 Assumo una posizione comoda … chiudo gli occhi … faccio dei respiri profondi … Sento i punti d’appoggio del mio corpo sul lettino … la nuca … le spalle … i glutei … i talloni. Ho ultimato il riscaldamento … entro in pista … mi avvicino alla partenza dei 100 metri … sono dietro ai blocchi di partenza … vedo la corsia di fronte a me … vedo il pubblico … lo sento … vedo lo starter … vedo gli avversari al mio fianco … ho una grande voglia di correre forte … mi concentro solo su me stesso … sento i miei muscoli pieni di energia e di forza. Mi posiziono sui blocchi … sento il battito cardiaco che aumenta … sento l’adrenalina che sale sento il colpo di pistola … esco dai blocchi come un’esplosione … eseguo i primi appoggi lunghi e potenti … eseguo la fase di accelerazione fluida … sento il vento sul viso … le gambe si muovono veloci … il traguardo è sempre più vicino … supero la linea del traguardo … respiro … mi giro verso il tabellone elettronico e leggo il risultato che attendevo … ho ottenuto la prestazione che mi aspettavo … sento dentro di me emozioni positive.

IO, L’ALTRO, L’AZIONE E LA MOTOR IMAGERY

Ridderinkhof e Brass evidenziano che la motor imagery oltre a permettere di apprendere, migliorare ed affinare una propria determinata capacità motoria, potrebbe anche consentire un percorso inverso: imparare, migliorare ed affinare la nostra capacità di predire le intenzioni motorie altrui, partendo dal riconoscimento delle caratteristiche cinestetiche attuali. In tale compito ricoprirebbe un ruolo centrale il “sistema corticale dei neuroni specchio” (mirror neuron system – MNS). La motor imagery sarebbe quindi al centro di un “doppio processo” che permetterebbe di migliorare le attività motorie in ambito “competitivo-relazionale” come ad esempio nel parare un calcio di rigore.

Non è dai particolari che si vede un giocatore Il calcio di rigore è spesso fondamentale per decidere le sorti di una partita di calcio. Si tratta di un confronto impari tra rigorista e portiere, dato che statisticamente solo il 20% dei rigori viene parato . Infatti, il portiere ha una sola possibilità: rispondere a ciò che vede nel tempo che intercorre tra il momento in cui la palla è colpita e il momento in cui la palla supera la linea di porta, tempo stimabile in 500-700 ms . L’unica alternativa per il portiere sarebbe partire prima che la palla sia colpita dal rigorista, ma questo vorrebbe dire indovinare dove andrà a finire la palla, o meglio, sapere dove il tiratore pensa di voler mettere il pallone. Memmert e collaboratori hanno individuato le caratteristiche insite nel movimento dei rigoristi prima di calciare la palla, che influenzeranno la direzione della palla stessa: – obliquità della rincorsa – orientamento e rotazione del busto, – orientamento e posizionamento del piede che non calcerà la palla. L’orientamento del piede di supporto in particolare, rappresenta l’aspetto maggiormente predittivo della direzione che assumerà la palla, in quanto tende a puntare nella direzione dove la palla si sta dirigendo. Savelsbergh e collaboratori hanno dimostrato che tramite l’osservazione video dei calci di rigore i portieri possono ottimizzare la loro capacità di riconoscere tali caratteristiche.

Ridderinkhof e Brass evidenziano però che il portiere non si limita ad osservare le caratteristiche cinematiche di colui che calcia il rigore, ma che collega tali caratteristiche alla propria esperienza cinestetica, esattamente come se fosse lui ad eseguire l’azione.
Il portiere ha quindi bisogno di un ricco modello generativo dell’effetto sensoriale, che può acquisire osservando molti calci di rigore realizzati da altri giocatori, ma anche acquisendo una esperienza diretta nel tiro dei calci di rigore. In definitiva il portiere più abile sarà il portiere – in grado di “leggere” la cinematica del corpo dell’avversario – che possiede il più ricco repertorio di calci di rigore (eseguiti realmente o tramite motor imagery). Previsioni simili possono essere fatte per altri sport quali ad esempio la risposta nel tennis.

In conclusione, il target dell’atleta impegnato in attività di tipo “closed motor skills” è quello di utilizzare la motor imagery al fine di affinare sempre più i propri comportamenti motori. L’atleta impegnato anche in attività di tipo “open motor skills”, dovrà anche essere in grado di osservare i particolari dei movimenti altrui, ma soprattutto di eseguire quei determinati movimenti, diventandone un esperto.

tratto e rielaborato

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