Quando arriva un fuoriclasse (ma resta a terra): riflessioni scientifiche sull’inserimento dell’eccellenza nei team ad alte prestazioni
Cosa accade a un team di altissimo livello quando al suo interno viene inserita una figura di eccellenza globale, carismatica, vincente, ma non operativamente presente in gara? Come cambia l’equilibrio relazionale, la percezione del sé collettivo, l’identità dei singoli ruoli? La recente notizia dell’ingresso di Peter Burling nel team Luna Rossa fornisce uno spunto concreto e prezioso per indagare queste domande. Non stiamo parlando di un atleta qualunque: Burling ha vinto tre volte la Coppa America, medaglie olimpiche e mondiali, è considerato uno dei più completi velisti del mondo, e porta con sé un capitale simbolico di valore inestimabile. Eppure, non sarà a bordo: per regolamento, la sua figura resterà nel “backstage” strategico e progettuale. Un contesto che, però, può essere teatro di trasformazioni profonde.

Nel pensiero comune, l’impatto di un campione si misura sul campo: nella regata, nella gara, nel gesto atletico. Ma i team vincenti si costruiscono altrove. Nei briefing, nelle scelte ingegneristiche, nei processi decisionali, nella cultura interna. È lì che la presenza di una superstar come Burling può essere tanto stimolante quanto potenzialmente destabilizzante. La questione, allora, è questa: cosa succede a un gruppo già consolidato, vincente, maturo, quando deve integrare una personalità che porta in sé non solo competenze, ma anche narrazioni, gerarchie implicite, aspettative, e una leadership informale già riconosciuta a livello globale?
Diversi studi scientifici, negli ultimi dieci anni, hanno tentato di esplorare proprio questo nodo: l’effetto intra-team dell’arrivo di una superstar. Non più l’ormai classico “superstar effect” tra avversari, ben documentato ad esempio da Brown (2011) nel PGA Tour di golf, dove la sola presenza di Tiger Woods faceva calare le prestazioni degli altri. Qui il punto è un altro: cosa avviene dentro un team, non contro di esso. La distinzione è sottile, ma fondamentale. Non si tratta di ansia da confronto esterno, ma di ridefinizione interna.
Asgari et al. (2021), studiando la NBA, hanno evidenziato che membri dello staff tecnico associati a superstar ottengono più opportunità, ma anche più pressione, per molti anni dopo. Questa “ombra lunga” agisce come amplificatore della reputazione ma anche come lente deformante sulle aspettative. Freund (2024) ha approfondito il caso dei cosiddetti “superstar teams”, mostrando che quando una figura di alto impatto entra in un contesto coeso, le conseguenze dipendono dal grado di integrazione tra valori, linguaggi e processi. Se il gruppo mantiene rigidità culturali, la superstar può generare polarizzazione. Se invece esiste apertura e una cultura dialogica, l’effetto è catalitico.
Nel caso di Burling, la sua non presenza a bordo amplifica paradossalmente l’intensità del suo impatto. Non essendo protagonista visibile della competizione, egli assume un ruolo ancora più simbolico: una coscienza critica, un’autorità tecnico-narrativa, una figura “sovra-operativa” che agisce su concetti, visioni, modelli. E questo modifica la topologia interna del team. Alcuni membri possono sentirsi ispirati. Altri, più esperti o già affermati, possono vivere il suo arrivo come una velata messa in discussione. Il gruppo, nel suo insieme, si trova a dover ridefinire la propria identità, perché la sola presenza di un’eccellenza altera le geometrie del riconoscimento e dell’autorevolezza.
Koenig (2021), analizzando il rollout della televisione negli sport statunitensi, ha notato che l’esposizione alla figura di un “eroe tecnico” modifica le gerarchie cognitive interne anche in assenza di competizione diretta. In team di progettazione avanzata – come quelli R&D, racing, aerospaziali – ciò si traduce in una ridefinizione dei processi di legittimazione: chi ha voce? Chi può proporre deviazioni? Chi è autorizzato a dubitare?
La psicologia organizzativa ha risposto con il concetto di leader–member exchange (Graen & Uhl-Bien, 1995): la qualità delle relazioni tra figure di leadership e membri del team determina direttamente la fiducia interna, l’apertura all’innovazione, la stabilità emotiva dei ruoli. Questo vale anche per leadership non formali, come quella di Burling in Luna Rossa. La sua capacità di costruire relazioni di alta qualità – basate su ascolto, reciprocità, rispetto – sarà uno dei determinanti principali della riuscita di questa integrazione.
Allo stesso tempo, il team dovrà essere in grado di non congelarsi. In altri sport, come il ciclismo, si sono osservati effetti ambivalenti: il caso di Froome in Team Sky mostrò come gregari consolidati potessero subire un declassamento implicito, pur senza alcun ridimensionamento ufficiale. Il rischio non è il conflitto esplicito, ma il ritiro silenzioso. L’effetto superstar agisce spesso come una forza gravitazionale: non impone, ma sposta.
Wang et al. (2020) offrono una prospettiva utile parlando di leadership condivisa: i team che riescono a distribuire l’influenza in modo dinamico, adattivo, in base alle competenze del momento, tendono a essere più resilienti nei contesti ad alta complessità. In questo modello, Burling può assumere un ruolo chiave, non come vertice, ma come nodo autorevole tra altri nodi autorevoli.
La sfida per Luna Rossa, quindi, non è tecnica. È culturale. Non si tratta di capire cosa Burling porterà, ma di cosa dovrà cambiare perché ciò che porta possa essere fertile. La trasformazione che produce una superstar è una riscrittura silenziosa del contesto. Quando una figura di successo entra in un gruppo, cambia anche il modo in cui quel gruppo pensa il successo. Il rischio è che si generi una mitologia intorno alla sua visione, che paralizzi le alternative. L’opportunità è che si apra uno spazio nuovo di pensiero, che prima non era accessibile.

Tutto dipende dal livello di maturità psicologica del team. La coesione, la fiducia, la capacità di metacomunicare i processi di cambiamento sono le risorse chiave. Come conferma Dirks & Ferrin (2002), i gruppi ad alta fiducia interna mostrano resilienza nelle fasi di transizione, e sanno trasformare le crisi identitarie in occasioni di consolidamento.
La situazione di Luna Rossa – squadra di grande tradizione, con una propria identità competitiva forte, ma anche con l’intelligenza di accogliere un vincente esterno – diventa così paradigma di un fenomeno molto più ampio. Riguarda lo sport, ma anche le imprese, i team clinici, le università, la ricerca. Ogni volta che entra una figura “fuori scala”, il sistema si interroga. Ogni inserimento è un potenziale cortocircuito culturale. E la vera vittoria non è solo integrare il talento, ma farlo diventare occasione di crescita per tutti.
Riferimenti (APA)
Asgari, M., Rietveld, J., & You, Y. (2021). Buffered by reflected glory? The effects of star connections on career outcomes. Organization Science.
Brown, J. (2011). Quitters Never Win: The (Adverse) Incentive Effects of Competing with Superstars. Journal of Political Economy.
Dirks, K. T., & Ferrin, D. L. (2002). Trust in leadership: meta-analytic findings and implications for research and practice. Journal of Applied Psychology.
Freund, S. (2024). Strategic Human Capital and the Distribution of Performance in Superstar Teams. Academy of Management Proceedings.
Graen, G. B., & Uhl-Bien, M. (1995). Relationship-based approach to leadership: Development of leader–member exchange (LMX) theory. Leadership Quarterly.
Koenig, F. (2021). Technical Change and Superstar Effects: Evidence from the Rollout of Television. LSE.
Pan, Y., Qian, L., & Zhang, Y. (2025). The Superstar Effect on Perceived Performance in Professional Football. Journal of Economic Psychology.
Wang, D., Waldman, D. A., & Zhang, Z. (2020). A meta-analysis of shared leadership and team effectiveness. Journal of Applied Psychology.