Studio del Karolinska di Stoccolma: lo sforzo prolungato provoca variazioni epigenetiche importanti nella fisiologia delle cellule. I test e l’apporto dei ricercatori italiani
I noti benefici dell’attività fisica sulla nostra salute sono un notevole incentivo ad abbandonare per sempre la sedentarietà. Gli effetti dell’allenamento sono ben visibili, grazie alla grande plasticità del muscolo scheletrico, un tessuto in grado di modificarsi in risposta ad una grande varietà di stimoli. Come ciò accada in dettaglio è quanto hanno cercato di scoprire un gruppo di ricercatori del Karolinska Institutet di Stoccolma. I risultati dello studio, in uscita sulla rivista Epigenetics, mostrano che l’allenamento di resistenza di lungo periodo agisce provocando delle modificazioni epigenetiche localizzate. L’alterazione stabile del pattern epigenetico interessa i geni responsabili del controllo del metabolismo della cellula e dell’infiammazione. I risultati, secondo i ricercatori, potrebbero avere implicazioni future per la prevenzione e il trattamento di malattie cardiache, diabete e obesità.
LO STUDIO
Lo studio ha coinvolto 23 volontari, uomini e donne giovani e sani, che si sono allenati sulla cyclette e con esercizi di estensione del ginocchio, utilizzando una sola gamba e l’altra solo con funzione di controllo. L’addestramento è consistito in quattro sessioni settimanali, di 45 minuti ciascuna, per tre mesi. La prestazione è stata misurata prima e dopo l’allenamento. Inoltre, tramite le biopsie dei muscoli scheletrici, sono stati misurati vari fattori, come il metabolismo del muscolo, lo stato di metilazione di 480mila siti nel genoma e l’attività di oltre 20mila geni. Ad effettuare l’analisi di questa grande mole di dati è stato il primo autore dello studio, Francesco Marabita, giovane ricercatore italiano della Unit of Computational Medicine del Karolinska University Hospital, gruppo interdisciplinare composto da matematici, fisici, ingegneri, biologi e medici. «A differenza di altri studi nei quali le biopsie sono eseguite subito dopo lo sforzo, noi abbiamo deciso di indagare in che modo l’allenamento modifica nel tempo l’espressione e la metilazione dei geni» spiega Marabita. Infatti, «per quanto gli effetti molecolari ed epidemiologici dell’attività fisica siano noti, non erano invece del tutto chiari i meccanismi che orchestrano la regolazione della massa muscolare in risposta a stimoli esterni».
I RISULTATI
«Ora sappiamo che, attraverso una serie di modificazioni epigenetiche, l’attività fisica è in grado di stimolare l’espressione di alcuni geni e che parte della variabilità nell’espressione genica può essere spiegata attraverso la metilazione, una delle più importanti modificazioni epigenetiche» ci ha spiegato Marabita. I risultati mostrano che l’effetto dell’allenamento non è sistemico, ma specifico della gamba allenata, e che esistono forti associazioni tra metilazione epigenetica e il cambiamento nell’attività di 4000 geni. «Un alto livello di cambiamenti di metilazione è stato osservato nei geni collegati con il metabolismo dei carboidrati in generale in geni importanti nella fisiologia muscolare. Inoltre, la grande maggioranza dei cambiamenti epigenetici si trova in siti di regolazione del nostro genoma, detti “enhancer” perché in grado di far aumentare l’attività trascrizionale, che sono spesso anche a notevole distanza dal sito di inizio della trascrizione.
L’EPIGENOMICA AMBIENTALE
I cambiamenti epigenetici non comportano cambiamenti nelle sequenze di DNA, ma modificazioni – come la metilazione – nella regolazione dell’espressione genica. E’ così che gli stimoli esterni, come i fattori ambientali, agiscono direttamente sul nostro organismo. Come il nome suggerisce, l’epigenomica ambientale è la disciplina che cerca di capire l’influenza dell’ambiente sull’epigenoma e l’effetto combinato di questi fattori sulla salute umana.
VERSO TRATTAMENTI PERSONALIZZATI
«Questi risultati potrebbero essere di grande importanza per la comprensione e il trattamento di molte malattie comuni come il diabete e le malattie cardiovascolari, ma anche per capire come mantenere una buona funzione muscolare per tutta la vita» ha dichiarato in un comunicato il professor Carl Johan Sundberg del Dipartimento di fisiologia e farmacologia, dove guida le ricerca sugli aspetti genici ed epigenetici dell’attività fisica. «È interessante notare la presenza fin dall’inizio di differenze epigenetiche tra il muscolo scheletrico maschile e femminile, un aspetto importante per lo sviluppo di terapie specifiche di genere».