Il Rischio e la Responsabilità: Una Riflessione sulla Competizione
Nella recente competizione tra Luna Rossa e New Zealand, abbiamo assistito a una mossa audace dell’equipaggio italiano, che ha saputo prendere il comando con una manovra rischiosa, costringendo New Zealand a commettere un errore. Questo episodio ha suscitato commenti entusiasti, ma ha anche portato alla luce una questione fondamentale: il rischio preso da Luna Rossa. Molti si sono chiesti se fosse stato un rischio calcolato o un azzardo eccessivo. Ma qui, vorrei invitare a un cambio di prospettiva: ciò che spesso viene visto come “rischio” è, in realtà, una consapevole “assunzione di responsabilità”.
Rischio e Competizione: Due Facce della Stessa Medaglia
Nella competizione, il rischio non è un’opzione, ma una necessità. Più alto è il livello della competizione, maggiori sono i rischi che bisogna essere disposti a prendere. Ma cosa distingue un rischio calcolato da una semplice follia? È la competenza di chi lo prende. Nessuno vince esprimendosi al minimo, e nessuno raggiunge il successo evitando ogni possibilità di errore. Il rischio è l’essenza del miglioramento, della crescita, del superamento dei propri limiti.
In realtà, dobbiamo considerare l’assunzione di rischio come l’assunzione di responsabilità. Quando Luna Rossa ha eseguito quella manovra audace, non stava semplicemente “rischiando” in modo sconsiderato; stava assumendo la responsabilità di agire, di provocare una reazione e di costringere l’avversario all’errore. Questa è una distinzione cruciale: il rischio senza competenza è imprudenza, ma il rischio supportato da competenza e consapevolezza è responsabilità.
Campioni e Responsabilità: La Differenza tra Vincere e Competere
Prendiamo l’esempio di uno sciatore campione. Lo sciatore non semplicemente “rischia” prendendo traiettorie che altri non osano; si assume la responsabilità di utilizzare al meglio le proprie capacità tecniche e la conoscenza della pista per ottenere il miglior risultato possibile. Il tennista campione si assume la responsabilità di un colpo difficilissimo quando rischia un break, perché ha la competenza e la fiducia nelle proprie capacità per eseguirlo. Un pilota di MotoGP o di Formula 1 inventa un sorpasso in una posizione in cui molti non oserebbero, non perché è avventato, ma perché è consapevole delle proprie abilità e dei limiti della propria macchina.
Il vero campione non “prende rischi”; il vero campione si assume responsabilità. E qui sta la differenza tra un campione e un semplice partecipante: il partecipante potrebbe giocare in difesa, cercando di minimizzare i rischi, ma il campione sa che per vincere bisogna attaccare. Come ha detto Julius Evola, una frase che ho fatto mia nel mio lavoro con gli atleti: “Portarsi non là dove ci si difende, ma là dove si attacca.”
Il Rischio nella Mia Pratica Professionale
Anche nel mio lavoro con gli atleti e con le persone comuni, mi trovo spesso a dover prendere dei rischi. Non rischi fisici, ma rischi di una parola, di una frase che può cambiare il modo in cui una persona vede le cose, spingendola a guardare la realtà da una nuova prospettiva. Quando scelgo di pronunciare quella frase o di adottare un certo approccio, lo faccio basandomi su una conoscenza approfondita di quella persona. Questa conoscenza deriva da un profilo psicologico che ho costruito attraverso test, osservazioni e una lunga carriera durante la quale ho imparato a prestare molta attenzione ai dettagli. Ho accumulato una vasta esperienza che mi permette di capire quando e come spingere una persona oltre i suoi limiti.
Sì, talvolta posso sbagliare. È inevitabile. Ma ora, dopo anni di pratica e affinamento delle mie competenze, la probabilità di commettere un errore è molto bassa. Questo perché, come ogni campione, anche io mi assumo la responsabilità delle mie azioni. Non mi limito a seguire un protocollo o un copione predefinito; mi impegno a conoscere profondamente chi ho davanti, a capirne i bisogni, i punti di forza e le debolezze, e a calibrare ogni parola per ottenere il massimo effetto positivo.
La Paura del Rischio e l’Errore
La maggior parte delle persone, vedendo qualcuno assumersi un rischio, vede solo il pericolo, le possibili conseguenze negative. Vedono la possibilità dell’errore, della sconfitta, del fallimento. Ma questa paura è spesso ciò che porta all’errore stesso. La paura di sbagliare diventa una profezia che si autoavvera: più ci si concentra sul rischio e sulla paura di fallire, più si è paralizzati dall’incertezza, e più aumenta la probabilità di commettere errori.
Al contrario, chi si assume la responsabilità è concentrato sull’azione, sul risultato desiderato, e questo atteggiamento riduce il rischio di errore. Sì, si può sempre sbagliare o non ottenere l’effetto sperato. Ma la differenza è che chi si assume la responsabilità è preparato ad accettare le conseguenze, imparare dall’esperienza e migliorare. Non si tratta di evitare l’errore a tutti i costi, ma di sapere che ogni azione, ogni scelta, è un passo verso la vittoria o verso una lezione preziosa.
Conclusione: Attacco e Responsabilità
In ogni ambito competitivo, che si tratti di sport, lavoro o vita personale, la chiave del successo non è evitare i rischi, ma assumersi la responsabilità. La paura dell’errore non dovrebbe mai essere più forte della voglia di vincere. Invece di concentrarsi su ciò che potrebbe andare storto, dobbiamo focalizzarci su ciò che possiamo controllare e migliorare. Dobbiamo portare noi stessi non là dove ci si difende dal fallimento, ma là dove si attacca per il successo.
E come ha detto Julius Evola, una frase che riecheggia nel cuore di ogni campione e di ogni persona che aspira a superare i propri limiti: “Portarsi non là dove ci si difende, ma là dove si attacca.” È in questo spazio di coraggio e responsabilità che si costruiscono le grandi vittorie. Ed è qui che ogni campione, in ogni campo, deve scegliere di stare.