L’affermazione che l’uomo sia un sistema aperto e chiuso allo stesso tempo si collega al concetto di “autopoiesi”, un termine introdotto dai biologi cileni Humberto Maturana e Francisco Varela negli anni ’70. L’autopoiesi descrive i sistemi viventi come sistemi chiusi a livello operativo che mantengono la propria struttura e organizzazione attraverso un processo continuo di autogenerazione e autoriparazione. Questo significa che, pur essendo chiusi dal punto di vista della loro struttura interna e dei meccanismi di funzionamento, sono aperti agli scambi energetici e di materia con l’ambiente. In altre parole, un sistema autopoietico mantiene la propria identità e organizzazione attraverso processi interni che lo definiscono, ma allo stesso tempo è aperto agli scambi con l’esterno per sopravvivere e funzionare. Questo concetto è stato inizialmente sviluppato nel contesto della biologia cellulare, ma Maturana e Varela hanno esteso l’idea ai sistemi viventi in generale, inclusi gli esseri umani.
Nel contesto degli esseri umani, questo concetto può essere interpretato in termini di come manteniamo la nostra individualità e coerenza interna (chiusura) mentre interagiamo e ci adattiamo continuamente all’ambiente che ci circonda (apertura). Questa dualità riflette la capacità degli esseri umani di rimanere distinti e autonomi pur essendo profondamente connessi e influenzati dal mondo esterno. Il concetto di autopoiesi e le idee di Maturana e Varela possono essere collegati alle teorie motorie della mente in modi interessanti, anche se indirettamente. Le teorie motorie della mente si concentrano su come i processi motori, cioè quelli legati al movimento e all’azione, influenzino la cognizione e la percezione. Queste teorie suggeriscono che il nostro sistema motorio non è solo responsabile dell’esecuzione di movimenti, ma gioca un ruolo fondamentale nella strutturazione del nostro pensiero, della nostra percezione e della nostra comprensione del mondo. L’idea di base è che la cognizione emerga non solo da processi cerebrali astratti, ma anche dall’interazione del corpo con il suo ambiente. Ciò si collega al concetto di autopoiesi in quanto entrambi enfatizzano l’importanza dell’interazione con l’ambiente per la formazione e il mantenimento di sistemi viventi. Mentre l’autopoiesi sottolinea l’autogenerazione e l’autoregolazione all’interno di un sistema chiuso che interagisce con l’ambiente, le teorie motorie della mente evidenziano come queste interazioni possano essere mediate attraverso i sistemi motori e come queste stesse interazioni influenzino la cognizione. In altre parole, mentre l’autopoiesi descrive il meccanismo attraverso il quale i sistemi viventi mantengono e rigenerano se stessi mantenendo una coerenza interna, le teorie motorie della mente suggeriscono che una parte significativa della nostra esperienza cognitiva e della nostra comprensione del mondo sia formata attraverso il nostro essere fisicamente impegnati con questo mondo. Questo collegamento tra movimento e cognizione può essere visto come un’estensione del concetto di sistemi aperti e chiusi, dove il sistema (in questo caso, l’umano) è chiuso in termini di autoregolazione e autogenerazione, ma aperto e reciprocamente influenzato dalle sue interazioni dinamiche con l’ambiente.
Le teorie motorie della mente, insieme al concetto di autopoiesi, possono essere collegate all’idea di “enattivismo”, che enfatizza il ruolo attivo dell’organismo nell’esplorare e modellare il proprio ambiente per soddisfare le proprie esigenze strutturali e funzionali. Questo approccio sostiene che gli organismi non sono passivamente esposti agli stimoli ambientali, ma piuttosto impegnati in una ricerca attiva di stimoli che supportano e mantengono la loro struttura e funzionamento. In questo contesto, la percezione e l’azione sono intese come processi interconnessi che guidano l’organismo verso l’interazione con l’ambiente in modi che sostengono la sua autopoiesi e la sua sopravvivenza. La ricerca attiva di stimoli rilevanti implica che gli organismi, inclusi gli esseri umani, sono impegnati in un processo continuo di adattamento dinamico, selezionando e rispondendo agli elementi dell’ambiente che sono significativi per la loro autoregolazione e benessere. Questo punto di vista si allinea anche con la teoria dell’affordance di James J. Gibson, che propone che l’ambiente offre opportunità (affordances) per l’azione che sono percepite direttamente dagli organismi in base alle loro capacità corporee e ai loro bisogni. Pertanto, l’interazione con l’ambiente è guidata dalla percezione di queste affordances, che facilita l’adattamento e la sopravvivenza dell’organismo. Le teorie motorie della mente contribuiscono a questo quadro sottolineando come l’azione e la percezione siano fondamentalmente intrecciate, con il sistema motorio che non solo esegue movimenti ma anche guida la percezione, influenzando attivamente quali parti dell’ambiente vengono esplorate e come vengono interpretati gli stimoli. Questa visione rappresenta gli esseri umani (e altri organismi) come agenti attivi che costruiscono attivamente la propria realtà attraverso l’interazione dinamica con l’ambiente, piuttosto che semplicemente ricevere e reagire passivamente agli stimoli esterni. Le teorie sensoriali della mente si concentrano sull’importanza delle sensazioni e delle percezioni sensoriali nel formare la base della cognizione umana e della consapevolezza. Queste teorie enfatizzano come le informazioni provenienti dai sensi costituiscano i mattoni fondamentali dell’esperienza mentale, influenzando profondamente il pensiero, il ragionamento, la memoria e la coscienza. ostri sensi. Entrambe le prospettive sono cruciali per una comprensione completa della mente umana e della coscienza.